Più semplici, più freschi
Con il celebre chef Antonino Cannavacciuolo di Cucine da Incubo, scopriamo come migliorare dietro ai
fornelli
Apparentemente severo, certamente molto determinato e, senza ombra di dubbio molto bravo, lo chef
Antonino Cannavacciuolo, pluristellato Michelin e proprietario del Ristorante Hotel Villa Crespi ad Orta
San Giulio è il protagonista di Cucine da Incubo, programma Sky dove lo chef dà consigli su come
risollevare le sorti di un ristorante sull’orlo del baratro.
Per chi lavora dietro le quinte di una cucina, cosa si prova nello stare davanti aduna telecamera?
In questo format si parla di cucina, che per me è una cosa serissima e quando mi metto in cucina
la telecamera per me non esiste. Sono me stesso e sono nel mio mondo. Sicuramente all’inizio ero
abbastanza teso ma nel corso delle varie puntate avete visto un Cannavacciuolo più sciolto. Noi
vediamo 45 minuti di puntata ma ci sono ore di registrazione. Man mano l’impatto con la telecamera
poi sparisce. Come nel Grande Fratello. Semmai mi fregava la stanchezza, magari facevo più fatica a
parlare perchè ero stanco, avevo dato tanto.
Ad una conferenza sul programma hai detto che con qualcuno dei ristoratori ti senti ancora, che ti
contattano. Ma quanto tempo ci vuole secondo te a risollevarsi dopo il vostro intervento?
Quando me ne vado da questi posti io dico sempre: “Raga’…Io in una settimana vi ho dato dei
consigli”. Poi sta a loro, io ho dato consigli giusti. Io faccio lo chef, non faccio il mago, non ho la
bacchetta magica. Posso darti un input da un punto di vista esterno, perchè tu sei dentro la situazione.
Posso darti consigli sugli acquisti, sui camerieri, su come trattare i clienti soprattutto quando non sono
soddisfatti. Oppure su come rifare il locale: i nostri ragazzi li rifanno in un giorno e mezzo. Facciamo
davvero tutto in una settimana. Sicuramente, una cosa che consiglio spesso è di fare meno piatti e
di puntare sulla semplicità degli ingredienti, facendo cose fresche e ben fatte. Molti hanno ancora la
mentalità del ‘io sono bravo, scrivo ricette’. Questa cosa è finita, non ci crediamo più. Poi bisogna fare
gavetta: se sudi e fatichi, questo mestiere alla fine ti sorride. Ma non si può pensare di saper portare
avanti una cucina dopo due anni.
Quanto ci vuole?
Almeno 10 anni. E la gavetta non vuol dire solo pelare le patate, ma anche vivere esperienze che
aprono la mente. Girare i ristoranti, cambiarne uno ogni due anni, andare all’estero e, se si ha la
possibilità, bussare alla porta di quelli stellati perché fanno una buona ricerca del prodotto e hanno
un’idea più nobile della cucina.
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